ALPI OROBIE DIGA del Gleno 12-13 settembre 2010
Giovan Battista Merlo Giovan Battista Merlo
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 Published On Aug 1, 2024

12-13 settembre 2010.
Quell'anno mio figlio Emanuele aveva partecipato alla presentazione del libro sul crollo della diga di Molare, scritto da Vittorio Bonaria. Seguendo il crollo delle dighe, dal Vajont in poi, Emanuele si imbatté nel disastro della diga del Gleno.
Me ne parlò e partimmo per il Gleno.
I resti della diga sono ancora lì, a far la sua brutta figura. Il sentiero per arrivare fin lassù è buono. Si arriva proprio sotto la diga.
Fa veramente sgomento vedere come sia crollata. Si nota ancora la scarsità di cemento mescolato alla sabbia.
Noi abbiamo fotografato tutto con rispetto per le persone che hanno perso la vita.
I pensieri volavano nelle nostre teste: come può succedere che si costruiscano opere così deboli, pur sapendo che a valle c'è un paese? Occorre imparare dalla storia, cosa che non succede in nessun campo.
Fatte le nostre considerazioni, siamo risaliti lungo il torrente arrivando al passo di Belviso. Anche se era tardi, abbiamo continuato verso il rifugio Tagliaferri. Al rifugio non ci aspettavano, però la gentilezza del custode ci ha rincuorati e sfamati con un bel piatto di minestrone e del formaggio.
Una cena ricca e abbondante.
Desidero ringraziare il Signor Tagliaferri, che abbiamo scoperto essere il fratello scomparso nei crepacci del Pukajirka in Perù, nel luglio del 1981. Al fratello è stato intitolato il rifugio.
Durante la notte c'è stato un fortissimo temporale che ha lasciato neve e ghiaccio sul terreno.
Al mattino, dopo una notte burrascosa, abbiamo fatto un'abbondante colazione e le fotografie di rito, poi siamo ripartiti per Schilpario.
Il sentiero era tranquillo, con in alcuni punti catene e cavi d'acciaio. Abbiamo avvistato e fotografato le marmotte non lontano dal sentiero.
Il rifugio Tagliaferri non lo abbiamo mai perso di vista; ci ha accompagnato per tutto il tempo, almeno finché non abbiamo svoltato per la Valle del Vo.
Arrivati a Schilpario, si è presentato il problema di ritornare a Bueggio.
Un uomo che usciva da casa sua con l'auto ci ha salvati. Gli abbiamo chiesto se ci poteva dare un passaggio e lui gentilmente ci ha presi a bordo. Durante il tragitto ci ha chiesto da dove venivamo e dove stavamo andando. Gli abbiamo spiegato che dovevamo raggiungere Bueggio. Lui ci ha informati che si sarebbe fermato alcuni chilometri prima, ma poi ci ha portati fino alla nostra auto. Non ci resta che ringraziare quell'uomo per la sua gentilezza.
Così si è concluso il nostro sopralluogo nella Valle di Scalve, con visita alla diga del Gleno e al rifugio Tagliaferri.

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